L’uomo si chiama Peter Freestone ed ha avuto modo di lavorare con il cantante per 12 anni, accompagnandolo ovunque, nei locali gay, nei viaggi in giro per il mondo, addirittura a casa di Michael Jackson.
In un’intervista a Panorama, l’uomo ha parlato della malattia e della tragica fine di Mercury: “Ero lì anche quando ha chiuso gli occhi per sempre, la sera del 24 novembre 1991. Non puoi capire che cos’è l’Hiv finché non vedi da vicino come consuma gli uomini. Ho vissuto al suo fianco l’era della luce e quella del buio”.
Secondo il racconto personale, Freddie scriveva e cantava di amore, ma mai avrebbe provato questo sentimento: “Ho visto la più straordinaria delle vite glamour trasformarsi in una mesta fuga dal mondo. Negli anni felici, quando non era impegnato a scrivere musica memorabile, Freddie si buttava sul sesso. Per lui era un’attività spensierata da praticare senza grandi investimenti emotivi. L’amore di cui cantava apparteneva a un’altra dimensione e non so se l’abbia mai sperimentato di persona”.
Alla fine del suo breve ma intenso percorso di vita, Mercury decise di non assumere più i medicinali, avendo raggiunto la consapevolezza di essere arrivato alla fine, la sua fine: “L’ultimo atto fu scrivere un comunicato in cui annunciava al mondo la sua malattia. Il giorno dopo non volle nemmeno vedere i giornali. Il dado era tratto e lui non aveva più niente da difendere”.
Alessandra Battistini
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